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Vecchio 13 settembre 08, 11:19   #17 (permalink)  Top
claudio v
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Originalmente inviato da claudio v Visualizza messaggio
Per continuare a rispondere a Ciccio riguardo l'ottimizzazione di forme della deriva si possono fare, in base a quanto scritto nel mio messaggio precedente, alcune considerazioni.
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A questo punto, visto il mix di elementi, rimangono ancora da prendere in considerazione almeno 2 aspetti per completare il "progetto" preliminare di una deriva/timone: il dimensionamento della superficie in funzione dell'utilizzo e le problematiche costruttive.

Saluti, alla prox
Per parlare di dimesionamenti e forme varie delle derive vorrei citare un link molto interessante, il sito di Lester Gilbert Lester Gilbert's Radio Sailing dove nell’area dedicata al design ci sono moltissime informazioni utili e tecnicamente “corpose”. Alcuni di questi articoli si trovano anche sul sito dell’Amon tradotti in Italiano a questo link: TECNICA

In un articolo dedicato alle aree della deriva sul sito di Lester (Fin area) ci sono parecchi calcoli forse di non immediata comprensione e con all’interno dei coefficienti “arbitrari” per avere dei risultati più “qualitativi” che quantitativi.
Comunque, se non si vuole fare i conti è importante capire il senso che è racchiuso nella frase “The amount of lift needed is a function of the righting moment (which includes the displacement) the height of the rig, the depth of the fin and of course the sail area (which is expressed in the formula as it relates to heel angle). All these things are accounted for in this method.”

Traducendone il senso generale risulta che “la portanza (della deriva) necessaria è direttamente proporzionale al momento raddrizzante globale (peso e forma), alla lunghezza della deriva e alla superficie velica”.

A questo punto un esame parametrico osservando la media “dei modelli ben funzionanti” ci può offrire delle preziose informazioni che opportunamente coefficientate possono permetterci, entro un certo range, di prevedere una superficie ragionevole per la deriva.
Da alcune osservazioni sulle IOM risulta che la superficie della deriva va mediamente da un minimo di 2,3 a un max di circa 3 dm2.
Un classe M, pur avendo maggior momento raddrizzante e più superficie velica in media non ha molta più superficie: diciamo da 2,8 a 3,5 circa. Sugli M ho meno dati e le tipologie di barche, a differenza del quasi monotipo IOM, possono essere anche molto diverse per dislocamento e piani velici.

Inoltre, mentre nelle IOM la lunghezza della deriva è quasi uno standard, nei classe M il pescaggio max è molto maggiore e quindi si è più liberi di gestire le forme.
E’ infatti da tenere in considerazione, nel rendimento idro/aerodinamico, il fattore “allungamento” che è il rapporto tra la lunghezza e la larghezza media: al suo aumentare, aumenta anche il rendimento.
Nel momento in cui scegliamo una certa superficie e abbiamo un pescaggio imposto (tipo IOM) non abbiamo molte scelta: a superficie data corrisponderà un certo allungamento.

Se invece possiamo giocare di più sul pescaggio (classe M) una deriva stretta e lunga dovrebbe funzionare meglio (a pari superficie) di una larga e corta.
Però, al ridursi della larghezza (corda), come abbiamo visto nel mio primo post, si riduce anche il numero di Re.
A un numero di Re basso scendono i rendimenti e quindi può essere che quello che guadagniamo da una parte lo buttiamo via dall’altra, alle volte anche con gli interessi.
Da osservazioni fatte, sui nostri modelli scendere sotto corde medie di 35-40 mm genera molto spesso problemi a causa del basso RE a meno di usare profili particolari, non volere CP elevati e “incrociare le dita”.

Questo è il motivo fondamentale per cui se noi copiassimo ad esempio una IACC e ne realizzassimo le appendici in scala 1 a 10 o 1 a 20 andremmo incontro solo a guai: le nostre piccole appendici lavorano con rendimenti bassi a causa del basso Re e con un rapporto sfavorevole tra momento sbandante e raddrizzante.

Quindi, parlando di forme di derive, si può pensare che per motivi sia strutturali sia idrodinamici siano meglio fare una deriva rastremata, con più corda verso lo scafo e meno verso il bulbo.
Il suo centro di portanza si avvicinerà al galleggiamento riducendo il momento sbandante (il cui braccio è approssimabile come distanza tra Centro velico e Centro Deriva).
Però nel contempo la corda “minore” della deriva funzionerà un po’ peggio e quindi… forse meglio non esagerare e scendere sotto ai 40 mm o al 50-60% della corda alla radice.

Saluti, alla prox
claudio v non è collegato   Rispondi citando